Mamma e figlia in fuga dall’Afghanistan possono rimanere in Verzasca

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Mamma e figlia in fuga dall’Afghanistan possono rimanere in Verzasca

Il Tribunale amministrativo federale ha annullato la decisione di allontanamento delle due rifugiate pronunciata dalla Segreteria di Stato della migrazione – Paolo Bernasconi: «Grazie alle “sentinelle dei diritti umani” tutto è finito bene»

Regalo di compleanno anticipato di qualche giorno per la donna fuggita dall’Afghanistan insieme alla figlioletta e che da tre anni vivono in Valle Verzasca dopo aver trascorso cinque anni di peripezie attraverso il Medio Oriente, i Balcani e la Slovenia. Il Tribunale amministrativo federale (TAF) ha infatti accolto il loro ricorso contro la seconda decisione di allontanamento dalla Svizzera verso la Slovenia – Paese nel quale avevano presentato la prima domanda d’asilo e nel quale erano state riportate nel maggio di due anni fa – pronunciata dalla Segreteria di Stato della migrazione (SEM) il 14 dicembre 2022.

Khaleda, che fra meno di due settimane compirà 37 anni, e sua figlia Satayesh, di dieci anni, potranno dunque continuare a far parte della comunità che le ha accolte e nella quale si sono integrate. Raggiante l’avvocato Paolo Bernasconi, che si è preso a cuore il caso di Khaleda e Satayesh, appellandosi al TAF contro la decisione presa dalla SEM alla vigilia di Natale di due anni fa. «Ci sono le prassi che seguono i funzionari incaricati di evadere le domande di asilo, ma poi ci sono quelle che io chiamo le “sentinelle dei diritti umani”. Si tratta di persone che capiscono quando c’è un abuso e cercano di porvi rimedio. In questo caso le “sentinelle dei diritti umani” sono le maestre della bambina e le donne della comunità verzaschese che non si capacitavano del motivo per il quale lei e sua mamma dovessero essere espulse. Mi hanno telefonato e subito ho deciso di dar loro una mano. Dopo due anni di battaglia giuridica ora l’abbiamo spuntata. Una risposta positiva alla loro domanda d’asilo a questo punto ritengo sia scontata».

Quadro sociale e clinico positivo

Una lunga battaglia durata per la precisione 25 mesi «senza che ciò possa essere imputato alle due ricorrenti, sottolinea il TAF nella sentenza datata 28 novembre. I giudici hanno ravvisato per mamma e figlia un quadro sociale e clinico attualmente positivo e di grande beneficio. Nel caso in cui venissero allontanate nuovamente verso la Slovenia, perderebbero «i supporti e la rete sociale presente sul suolo elvetico, con in particolare uno sradicamento della bambina dal contesto scolastico, affettivo, medico costruito intorno a sé». Ciò potrebbe portare a dei gravi pregiudizi per la bambina «con degli effetti e delle ripercussioni negative anche per la madre», si legge ancora nella sentenza del TAF, che cita a tal proposito la Convenzione dei diritti del fanciullo. Sentenza che, anche vista la durata del procedimento, aggiunge: «Non appare quindi più giudizioso a questo Tribunale disporre un trasferimento delle ricorrenti, avuto soprattutto riguardo alla ricorrente di giovane età».

Riconosciuti i motivi umanitari

Dall’analisi dei documenti prodotti in sede di ricorso dall’avvocato Bernasconi, il TAF ha riconosciuto dei motivi umanitari che «permettono di ritenere che si è in presenza di un cumulo di ragioni che fanno apparire il trasferimento in Slovenia delle ricorrenti come problematico da un punto di vista umanitario». Da qui l’accoglimento del ricorso presentato da Khaleda e Satayesh che annulla la decisione di allontanamento con l’invito alla SEM di avviare la procedura d’asilo nell’ambito della quale dovrà tener conto dell’esistenza dei motivi umanitari.

Viaggio della speranza lungo cinque anni

La fuga di Khaleda e della figlioletta Satayesh da Kabul inizia sette anni fa. Oltre alle vessazioni del marito, Khaleda vuole a tutti i costi allontanarsi da un clima di intolleranza e violenza nei confronti dell’universo femminile che si stava reinstaurando in Afghanistan. Per la donna comincia un viaggio della speranza lungo cinque anni che la porta, come detto, ad attraversare il Medio Oriente, i Balcani fino a giungere in Slovenia. Dopo tre mesi trascorsi in un centro per richiedenti l’asilo a Lubjana, alla fine del 2020 riesce a raggiungere la Svizzera. Lei e la figlia vengono trasferite in una pensione della Valle Verzasca, in attesa che Berna si esprima sulla richiesta d’asilo. Richiesta che viene negata, con il conseguente allontanamento verso la Slovenia eseguito il 19 maggio 2022. Cinque mesi dopo, mamma e figlia raggiungono nuovamente la Svizzera e depositano una seconda domanda d’asilo. Il 14 dicembre dello stesso anno un’altra doccia gelata. Anche la seconda richiesta d’asilo viene bocciata. La comunità verzaschese si mobilita e raccoglie oltre 2.600 firme affinché la SEM torni sulla sua decisione. Lo stesso fa il Gran Consiglio ad inizio 2023 con una risoluzione votata a larga maggioranza. Nei giorni scorsi è infine giunta la sentenza del TAF che dà ragione a Khaleda e Satayesh e che apre loro le porte ad una permanenza duratura in Svizzera.

Fonte: Corriere del Ticino, Spartaco De Bernardi


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