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Il Senato approva il D.L. Sicurezza e Immigrazione. Tavolo Asilo: mancato senso di responsabilità istituzionale

Il Decreto-Legge 4 ottobre 2018, n.113, su cui il governo ha posto la questione di fiducia, introduce nella prima parte radicali cambiamenti nella disciplina dell’asilo, dell’immigrazione e della cittadinanza.

In primo luogo siamo preoccupati del passaggio dal permesso di soggiorno per motivi umanitari (pensato come clausola generale dalla precedente disciplina) ad un ristretto numero di permessi di soggiorno per “casi speciali”, che rischia di far cadere in una condizione di irregolarità le circa 140.000 persone titolari di un permesso di soggiorno per motivi umanitari, tra cui anche neomaggiorenni, esponendoli al rischio di povertà estrema, di marginalità e di devianza.

Dei casi speciali, ci preoccupa che tali permessi di soggiorno siano configurati come autorizzazioni precarie, quasi sempre non rinnovabili e non convertibili, ad esempio, in un permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Questo significa che, dopo il primo anno di applicazione della nuova disciplina, si produrrà irregolarità e lavoro nero.

Si va dunque generando, in nome della sicurezza, un inasprimento della disciplina del soggiorno che aumenterà l’illegalità, renderà più fragile la coesione sociale, renderà più difficile per le imprese reperire legalmente mano d’opera giovane e motivata, ad esclusivo vantaggio degli imprenditori disonesti e della criminalità organizzata.

Il sistema di accoglienza pubblico Sprar viene sacrificato a favore dell’accoglienza straordinaria (CAS), che presenta standard di qualità oggettivamente inferiori a quelli dello SPRAR. Si diffondono così inoltre   grandi centri d’accoglienza collettivi.

Il decreto comporta serie implicazioni per il diritto alla salute, sia rispetto alla possibilità di accedere pienamente al Servizio Sanitario Nazionale, sia rispetto alle condizioni sociali che concorrono a determinare la salute fisica e mentale delle persone.

Appare inoltre di estrema gravità lasciare che i bambini che arrivano in Italia con la propria famiglia rimangano senza una presa in carico immediata e un’accoglienza dedicata.

Siamo invece convinti che non possa esservi davvero sicurezza senza la consapevolezza che, di fronte all’assenza di flussi di ingresso regolare e a un drastico calo degli sbarchi, occorre favorire al massimo l’integrazione e non avventurarsi in norme che rischiano di allargare l’irregolarità.

Il Tavolo Asilo guarda dunque con grande preoccupazione al mancato senso di responsabilità istituzionale nelle politiche sull’immigrazione.

In particolare consideriamo inutile e sbagliato impegnare risorse per l’allungamento  della detenzione amministrativa degli stranieri, provvedimento che in passato ha già dimostrato di essere inefficace.

Nel contempo le politiche di promozione dell’integrazione vengono sacrificate, sottraendo risorse umane e finanziarie.

Per la stessa protezione internazionale sono previste procedure basate solo sulla celerità, che riducono lo spazio del diritto d’asilo, senza garantire un giusto procedimento e in molti casi senza nemmeno consentire l’ingresso del richiedente asilo sul territorio nazionale.

Ci preoccupa anche l’aumento delle pene detentive motivate solo dalla irregolarità del soggiorno per coloro che sono stati respinti od espulsi.

Infine ci preoccupa la grave involuzione di civiltà giuridica rispetto alle procedure per l’acquisto della cittadinanza.

Appare infatti fortemente discriminatoria la decisione di determinare in ben 48 mesi il termine per la definizione delle domande di cittadinanza da parte di persone residenti in Italia già da molti anni.

Purtroppo, con la votazione della fiducia, nessun dibattito in aula è stato possibile al Senato. Tuttavia continuiamo a sostenere che per il bene del Paese e la sicurezza di tutti non conviene aumentare l’irregolarità ma rafforzare i percorsi di integrazione.

Fonte: https://www.asgi.it/


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Newsletter ODAE-Suisse ottobre 2018

Votazione del 25 novembre: no all’iniziativa dell’SVP per l’autodeterminazione.

Decisione del Tribunale amministrativo federale in linea di principio: i curdi turchi sono ormai vicini al PKK oggetto di un sospetto generale?

Revoca dell’ammissione temporanea di cittadini eritrei: allontanamento nonostante la mancanza di prove di un miglioramento della situazione dei diritti umani in Eritrea

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Persone, non numeri

Il Mediterraneo è diventato un cimitero all’aperto: dal 2000 il numero delle vittime ha superato le 35.000 unità. E nessuno sa quante siano esattamente quelle lungo i percorsi che dall’Africa subsahariana e dal Medio Oriente portano verso le coste meridionali del Mediterraneo.

Ogni anno ci troviamo di fronte al terribile conteggio delle vite andate perdute. Eppure quando parliamo di queste vittime, ne parliamo come di meri numeri. Così l’individualità unica di ognuno di loro, le speranze e sogni che li hanno spinti a migrare, sono completamente ignorati e cancellati.

Per quanto riguarda i cari che i migranti hanno lasciato, la condizione disperata in cui vivono queste famiglie non fa nemmeno parte del discorso pubblico. Queste famiglie vivono nell’angoscia senza sapere cosa sia successo al loro figlio, figlia, coniuge, genitore o nipote.

Chiediamo giustizia, verità e dignità per le famiglie. Chiediamo che:
– si diano alle famiglie risposte concrete su ciò che è accaduto ai loro familiari scomparsi;
– l’Unione Europea cessi di esternalizzare la sorveglianza delle frontiere;
– sia garantito a tutti e a tutte la libertà di movimento.

Seguiteci sul sito: https://missingattheborders.org/


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Solidarietà, un crimine?

Nel dibattito pubblico, coloro che facilitano l’ingresso o il soggiorno degli immigrati irregolari in Europa sono spesso considerati criminali o accusati di complicità con i trafficanti. Questo punto di vista è conforme al diritto svizzero. Sulla base di un confronto tra il quadro legislativo europeo e quello internazionale, questo contributo mira a dimostrare che la legge non criminalizza ovunque questi difensori dei diritti dei migranti e che a volte può anche incoraggiare la solidarietà.

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I pionieri di una politica migratoria più aperta

Quarant’anni fa, il 28 ottobre 1978, 3’000 persone si ritrovarono sulla Piazza federale di Berna per partecipare a una manifestazione organizzata dal movimento ‘Essere solidali’. Chiedevano una politica degli stranieri più umana che considerasse “lo straniero come una persona con gli stessi diritti di uno svizzero”. Come si arrivò a quel punto?

Erano considerati dei tamponi congiunturali. Negli anni 1950 e 1960, la Svizzera reclutò all’estero centinaia di migliaia di cosiddetti “lavoratori stranieri”. Si trattava di “stagionali” che avevano il permesso di soggiornare temporaneamente in Svizzera. Nel caso di una crisi economica – questa era l’idea – si sarebbero potuti rispedire nei loro Paesi di provenienza.

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I migranti sono le galline dalle uova d’oro per Salvini

L’ex presidente della Camera Laura Boldrini ospite della cerimonia di chiusura del Festival dei diritti umani

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I volti dei migranti

 

 


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Immagini e voci d’integrazione di scena al LiLu 1

La Scuola Penny Wirton dove gli studenti insegnano ai migranti raccontata nel documentario

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Penny Wirton, una scuola… anche di vita

Un luogo d’integrazione, dove liceali ticinesi insegnano l’italiano ai migranti minorenni. È la storia raccontata nel documentario in programma mercoledì al Film Festival Diritti Umani Lugano

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Immagini e voci d’integrazione di scena al LiLu 1

Un documentario racconta la Scuola Penny Wirton dove gli studenti insegnano ai migranti. A Lugano sono una sessantina gli allievi che partecipano al progetto, giunto al secondo anno.

Il documentario verrà presentato in anteprima mercoledì prossimo, 10 ottobre, alle 16 al cinema Corso di Lugano nell’ambito del Film Festival Diritti Umani di Lugano. Alla proiezione seguirà uno spazio di approfondimento.

Leggi articolo Corriere del Ticino


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